Ho visitato uno dei luoghi di Catania più incredibili. Un edificio costruito nel ‘500 che oggi è luogo di studio. Il Monastero dei Benedettini ben rappresenta la storia della città che più volte ha dovuto ricostruire la sua bellezza.
Da palermitano invidio molti luoghi a Catania. Non me ne vogliano i miei compaesani, ma sin dall’autostrada, appena intravedo l’Etna, col suo fascino austero, mi assale una gran voglia di salirci su, osservare tutto, prendere tutto.
Un paio d’anni fa ero proprio lassù, a 2500 metri, e quella parte di terra stava dentro le mie mani.
Dunque Catania, con le sue strade che ti ricordano di essere in un luogo diverso dagli altri, perché vivere sotto un vulcano ti fa sentire minuscolo e imponente allo stesso tempo. Ogni cosa in città è stata toccata e mutata dal fuoco che arde sotto terra.
Di arte e cultura, che meglio raccontano la storia dei luoghi, Catania ne è ricca. Tante pagine testimoniano il vissuto della città. Una di queste mi ha afferrato, scosso, entusiasmato. Un pagina capace di collegare il passato al futuro, un edificio monastico che nasce nel ‘500 e si sviluppa fino ai giorni nostri, che custodisce al suo interno una domus romana, due chiostri e uno splendido giardino pensile. Quelli che parlano bene lo definirebbero un ottimo esempio di integrazione architettonica tra le epoche.
Il monastero dei Benedettini oggi è patrimonio mondiale dell’Unesco. È sede del DiSUM (dipartimento di Scienze Umanistiche) dell’Università degli Studi di Catania.
Arrivo al monastero nel primo pomeriggio, ad attendermi c’è Angelo, un ragazzo che lavora lì per l’università di Catania. Indossa una felpa scura e grandi occhiali che gli attribuiscono un’aria simpatica. Prima di iniziare il giro facciamo due chiacchiere all’interno della bella libreria che anticipa l’entrata al monastero.
La prima immagine che salta all’occhio entrando è l’ampio chiostro con una fontana in marmo bianco al centro. Dello stesso marmo bianco “di Carrara” mi dice Angelo, sono costruiti il colonnato del portico, le mostre degli infissi, la balaustra di coronamento e dodici statue collocate in altrettante nicchie nei prospetti del chiostro.
Molte cose che si vedono a Catania hanno più vite. C’è sempre un prima e dopo un’eruzione o terremoto. Durante una colata lavica del 1669 giunta in città, il monastero si salva, ma non la chiesa ad esso annessa: cambia fortemente l’aspetto dei terreni limitrofi al Monastero. La chiesa verrà costruita circa vent’anni dopo. Poi però un altro terremoto colpisce Catania distruggendo gran parte del monastero.
Notevole la facilità con cui Angelo pronuncia le parole distrutto e ricostruito. Come se creare quelle bellezze fosse semplice ma soprattutto dovuto.
Percorriamo i gradini dello scalone monumentale in stile neoclassico, che dà la sensazione di star accedendo a un palazzo reale o una reggia piuttosto che a un monastero. Angelo mi mostra quella che un tempo era la stanza in cui i monaci pranzavano. È enorme. Può contenere un centinaio di persone. Il pavimento è formato da bellissime maioliche.
Il monastero ha una vastissima area interrata, dove si trova attualmente la biblioteca universitaria. C’è un’atmosfera invidiabile. Starei ore seduto tra quelle mura a leggere, ma Angelo mi porta in una stanza dove è possibile ammirare i mosaici e gli affreschi di una domus romana risalente al II secolo.
Usciamo fuori, c’è il giardino dei Novizi. Angelo mi spiega che come suggerisce il nome, era riservato a coloro che iniziavano il percorso spirituale per entrare a far parte dell’ordine religioso: essi dovevano osservare e apprendere lo stile di vita benedettino.
Il giardino nacque nel 1669 sopra un accumulo di lava, venne distrutto nel Novecento per far spazio ad una palestra, poi l’architetto De Carlo portò al recupero del vecchio giardino, ripristinò l’area e aggiunse una scala a chiocciola, una fontana e lo rese uno spazio verde aperto a tutti.
C’è un’aria buonissima. Sembra di essere isolati dal resto della città. I suoni arrivano cauti, come a non voler disturbare. I profumi allietano lo stato d’animo.
Prima di andare via, Angelo mi chiede se mi va di affacciarmi da un balcone che ha una vista fantastica. Ovviamente rispondo di sì. Lui guarda l’orologio e mi invita a seguirlo. Entriamo all’interno di un ufficio dall’arredamento curato. Dalle imposte semi aperte si intravede il mare. La città è una cartolina dove il cielo colora tutto il resto.
Quando vedo certi luoghi ripenso alle bellezze di questa terra, che sono tante e sono soprattutto vere.
Per il tour guidato in lingua inglese delle 13:00.
Ho pensato e creato questo sito perché vorrei raccontare e divulgare le bellezze della mia terra. Nella vita creo cose per internet, fotografo mari e monti, leggo e scrivo storie.
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